La cimice asiatica (Halyomorpha Halys), costituisce uno degli ostacoli da abbattere per i frutticoltori italiani.
La loro presenza, a volte delle vere e proprie colonie, può arrecare danni molto elevati nel settore della frutticoltura. Per questo motivo, è indispensabile adottare soluzioni che possano ridurre la loro propagazione.
La difesa chimica non è risolutiva in quanto è efficace solo se le molecole vengono a contatto con la cimice, e ciò è estremamente difficile poiché essa si posiziona nella parte inferiore delle foglie, dove il prodotto chimico difficilmente arriva.
In occasione del Futurpera svoltosi dal 28 al 30 novembre, Luca Casoli (direttore dei Consorzi fitosanitari di Modena e Reggio Emilia) è intervenuto dichiarando ad AgroNotizie: “L’elemento fondamentale è che nessuna delle soluzioni possibili è risolutiva. Ci vuole una strategia integrata e territoriale. La specie infatti non è solo all’interno dei pereti, ma è anche fuori, questa caratteristica avrà un ruolo importante per la moltiplicazione degli antagonisti e per raggiungere un equilibrio. È il nostro punto di forza. In frutteto bisognerà procedere con una strategia diretta e una indiretta. Ogni frutticoltore ha la propria esperienza, e sappiamo che i risultati sono diversi da contesto a contesto. Abbiamo un certo numero di insetticidi da utilizzare nei tempi giusti e nella dislocazione corretta all’interno del frutteto, il monitoraggio che da anni viene attuato darà supporto per prendere le decisioni. L’azienda però dovrà completare il monitoraggio, andrà valutato il contesto del singolo appezzamento. Vanno poi valorizzati gli antagonisti autoctoni ed eventualmente introdotti gli esotici. Da un lato quindi la strategia di controllo nel frutteto con la chimica e con gli altri mezzi a disposizione (le reti per esempio), dall’altro un controllo indiretto con il raggiungimento di un equilibrio ambientale al di fuori del frutteto“.
A proporre quindi una soluzione diversa da quella dell’utilizzo di agenti chimici, ci ha pensato Luciana Tavella (Disafa Unito). La soluzione sarebbe quella di intervenire attraverso battericidi che colpiscono esclusivamente le uova dell’insetto, impedendone così la riproduzione.
Tavella ha dichiarato: “La ricerca è di Alberto Alma (Disafa Unito) e sta dando buoni risultati, abbiamo anche i primi test in campo. La femmina depone lasciando batteri sulle uova, questi sono fondamentali per la vita della prole. Noi distribuiamo sostanze batteriostatiche e battericide sulla vegetazione, in questo modo i batteri vengono eliminati e la cimice non può svilupparsi. L’ulteriore buona notizia è che queste sostanze, già a disposizione, non vanno a interferire con i parassitoidi oofagi di cui tanto si sta parlando”.