I Paesi che adottano per primi soluzioni rivoluzionarie, sono quelli che sperimentano sulla propria pelle la necessità di un cambiamento. Fin quando si arriva a un bivio, siamo liberi di scegliere, quando invece ci ritroviamo con una sola strada davanti, allora vuol dire che è troppo tardi per guardarsi indietro.
Oggi parliamo del continente africano e delle soluzioni che sono state prese per risolvere i problemi di siccità e povertà.
In Zimbabwe, in particolare, la situazione è molto critica. Il settore agricolo non riesce a produrre abbastanza per soddisfare le esigenze nutritive del Paese, e solo grazie alle importazioni dall’estero, il governo può trovare l’aiuto per sfamare 8,8 milioni di persone (circa la metà degli abitanti dello Zimbabwe) in situazione di povertà assoluta.
Michele Farina ha riportato su corriere.it la storia di Linda Ncube, 56 anni, vedova con due figli e tre nipoti, che ha passato la vita sui campi di Lupane.
Linda ha costruito un sistema d’irrigazione a goccia che le ha permesso di nutrire le proprie piantine di piselli e di farle mangiare del mais nonostante il periodo di siccità che ha vissuto lo Zimbabwe nelle ultime stagioni.
La sua terra è diventata un modello da seguire, un esempio per tutti, in grado di far guadagnare quel poco di denaro che serve per mantenere una famiglia e pagare gli studi ai figli. La diga vicina ai campi non forniva acqua a sufficienza, da lì la necessità di sviluppare un sistema in grado di risparmiare la risorsa più preziosa. Grazie anche all’assistenza dell’Undp e delle ONG internazionali, si è potuto aderire a un progetto più vasto. Sono stati creati due pozzi con pompe alimentate a energia solare, che avevano lo scopo di riempire di acqua due contenitori da 10 mila litri e che grazie a dei condotti potevano trasportare l’acqua nei campi.
Un’esigenza ha portato alla realizzazione di un sistema che è diventato un modello per tutti gli agricoltori africani (più di 600 milioni) e non solo.